ABOUT ME

Paolo Iacchetti nasce a Milano nel 1953, dove vive e lavora.
Di formazione scientifica (si laurea in chimica nel 1976), consegue nel 1982 il Diploma all’Accademia di Brera.
Dal 1983 inizia la carriera artistica che lo porta ad esporre soprattutto in Italia Svizzera e Germania.
Ha insegnato alla Scuola Politecnica di Design di Milano ed ora all’Università Cattolica di Milano.

Paolo Iacchetti was born in 1953 in Milan where he actually lives and works.
With his scientific background (Chemistry degree in 1976), he graduated at Accademia di Brera in 1982.
In 1983 he starts to exhibit mostly in Italy, Switzerland and Germany.
He taught at the “Scuola Politecnica di Design” in Milan and now at the “Università Cattolica” of Milan.

About my work

Il mio lavoro si sviluppa a partire dagli elementi espressivi primari: linea e colore, e si congiunge idealmente alle esperienze di pittura da Rothko a Pollock, da Jasper Johns a Brice Marden, estranea al Minimalismo ed allo azzeramento della forma degli anni ’60 del Novecento.

Sulla base di questi elementi primi, linea e colore, opero secondo un processo costruttivo di relazioni. Tali relazioni vanno a formare una immagine in grado di attivare continuamente la nostra percezione, dovuta alle sensazioni generate dalla visione stessa dell’immagine così definita.

Se il bello classico si definiva per unità, proporzione (misura) ed economica chiarezza (rapporti che sono direttamente sensazioni -si pensi alle statue classiche greche-), ora si pone la necessità di nuovi criteri che comprendano le antiche relazioni del bello, e rinnovino la categoria.

Ecco: restare in relazione al quadro con lo sguardo (poiché lo sguardo a distanza coinvolge la mente, ma, nello stesso momento, e a nostra insaputa, coinvolge anche il corpo in quanto sensazione), significa vivere la ricerca delle relazioni stabili interne a quanto si vede.

Linee e colori costituiscono queste relazioni finite ma continuamente rinnovabili allo sguardo secondo una nuova misura.

In questa misura nuova, di relazione fra immagine e schema del cervello, si può far consistere il bello.

La categoria del bello può trovare così una base, dopo la parentesi del sublime romantico, con le sue infinite indefinitezza e la relativa indifferenza della forma di stampo duchampiano.

Il bello necessita una forma che si relazioni all’individuo come luogo di genesi di un rapporto che non sfugga. Il bello quindi come forma che continuamente risponda, base per un umanesimo attuale aperto a infinite possibilità, ma misurato nella sua essenza.

La scelta della relazione con l’opera è per un rapporto ‘a distanza’, apollineo.

Si può pensare che il lavoro consegua una autoconsistenza della pittura basata su una griglia imprevedibile, strutturata su variazioni minime di colore, al fine di stimolare una serie di sensazioni suscettibili di continui aggiustamenti percettivi inaspettati  e variabili.

L’opera si relaziona così, nella propria concreta astrattezza, direttamente con gli schemi del nostro cervello.

La sua ricchezza di forma e colore si misura con la nostra sensazione secondo una nuova proposizione del bello.

Paolo Iacchetti

My work develops starting from the primary expressive elements: line and color. It ideally continues the lineage and experience of painting that goes from Rothko to Pollock, from Jasper Johns to Brice Marden and is unrelated to Minimalism and the obliteration of form that occurred in the sixties.

Based on these essential elements, I proceed through a process of constructing relationships. These relationships eventually form an image capable of continuously activating our perception, induced by sensations generated by the vision of the image produced.

If the beauty in the classical was defined as unity, proportion (measure) and efficient clarity (relationships that are directly sensations – for example classical Greek sculptures), now there is a need of new criteria that include the antique relationships of the beautiful, yet renew the category.

Therefore: to remain in relationship with the painting through the gaze signifies experiencing the search of the stable relationships within what one sees.

(a gaze from afar involves the mind, yet at the same time, although we are unaware of it, it involves the body too, since it is a sensation)

Lines end colors constitute these finite relationships; yet they are continually new to the sight reflecting a new measure. In this new measure of relationship between image and scheme of the brain, we can establish the beautiful.

The category of beautiful can thus find a base, after the parenthesis of the romantic sublime, with its infinite indefiniteness and the related indifference of form in Duchampian sense.

The beautiful requires a form that relates to the individual through a connection that does not weaken but rather thickens, enriches and conquers our attention.

The beautiful, therefore, as a form that continuously responds, based of a contemporary humanism that is open to infinite possibilities, but with measure as it’s essence.

The choice of the connection with the work is for a relationship “at distance”, apollonian.

We could say that the work pursues an internal logic and dynamics of painting based on an unpredictable grid, structured on minimal color variations, with the scope of stimulating a series of sensations susceptible to incessant, unexpected and variable perceptive adjustments.

The work thus relates, in it’s concrete plasticity, directly with the abstract schemes of our brain.

It’s richness of form and color relates to our sensation following a new proposition for the beautiful.

Paolo Iacchetti